
"Jesce sole" è, in assoluto, la prima canzone del repertorio classico partenopeo di cui si abbia notizia. E' un'antica filastrocca conservataci da GianBattista Basile (1575-1632), il quale, nella lettera "All'uneco sciammeggiante" ne riferisce i soli due versi iniziali, dandone, poi, l'intero testo nella quarta giornata del "Cunto de li cunti".
"Jesce sole", canzone cantata al suono di calascioni, tamburelli e arpe, nasce nel periodo di Federico II di Svevia, quando il re radunava a se gli uomini d'ingegno e gli artisti. Dalle balze del Vomero si levava il canto semplice, ricco di reminescenze deistiche, all'astro che dà vita il giorno. "Jesce sole" è un'invocazione al sole, decaduta da un'arcaica funzionalità religioso-rituale. Ma, nonostante ciò, la filastrocca è stata conservata e tramandata nel tempo da piccoli scugnizzi partenopei che l'hanno cantata nei loro giochi.
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